RILEVATORI

( fonte principale: Karttunen et. al. Fundamental Astronomy - Springer)

Solo un limitato numero di informazioni può essere ottenuto dalle osservazioni visuali. L'invenzione della fotografia è stata una rivoluzione per l'astronomia. E una nuova rivoluzione, confrontabile a quella dell'invenzione della fotografia, è stata l'introduzione dei rilevatori a semiconduttore.
LA LASTRA FOTOGRAFICA. La lastra fotografica è stata a lungo uno dei più comuni metodi di osservazione in astronomia. La lastra fotografica rispetto la pellicola ha una maggiore risoluzione ma oggi non sono più usate perchè i sensori CCD li hanno sostituite. Lo svantaggio principale delle lastre fotografiche è, oggi, la loro scarsa sensibilità. Solo un fotone su centinaia causa la reazione chimica che permette di rilevarlo. L'efficienza quantica della lastra fotografica è solo dello 0.1%. Un altro svantaggio è che è il fatto che il bromuro d'argento che è stato esposto non registra più nulla, ovvero raggiunge subito il punto di saturazione. Allora la lastra fotografica è un cattivo fotometro. Tuttavia può essere ancora usata per misurare la posizione delle stelle o per creare una mappa del cielo.
FOTOCATODI E FOTOMOLTIPLICATORI. Il funzionamento di un fotocatodo è basato sull'effetto fotoelettrico. Quando un fotono colpisce il fotocatodo viene emesso un elettrone che si muove verso un catodo positivo e può essere misurata la corrente risultante. L'efficienza quantica di un fotocatodo è 10-20 volte di quella della lastra fotografica e può arrivare al 30%. Il fotocatodo è anche un rilevatore lineare: se il numero di elettroni emesso è raddoppiato anche la corrente emessa è raddoppiata. Il fotomoltiplicatore è una delle più importanti applicazioni del fotocatodo. In questo dispositivo l'elettrone che che lascia il fotocatodo colpisce un dinodo. Ma per ogni elettrone che colpisce il diodo questi ne emette parecchi altri. Se i diodi sono posti in serie la corrente originale può essere amplificata un milione di volte. I fotomoltiplicatori sono usati principalmente in fotometria.

FOTOMETRI. Un fotometro è un rilevatore che misura la luminosità ed è inserito solitamente dietro il telescopio, nel fuoco di un Cassegrain. Nel piano focale c'è un piccolo foro, il diaframma, che riduce il diametro del fascio di luce che arriva al fotometro. In questo modo si evita che il fotometro sia raggiunto dal raggi di luce provenenienti da altre sorgenti (anche da altre stelle). La lente di campo (lente di Fabry) dietro il diaframma rifrange i raggi luminosi in un fotocatodo.

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Le osservazioni sono spesso fatte per intervalli di lunghezze d'onda invece di misurare tutta la radiazione che investe il rilevatore. Allo scopo sono utilizzati dei filtri. Nei dispositivi chiamati fotopolarimetri è usato un filtro polarizzatore da solo o in combinazione con altri filtri. Per misurare la luminosità di un oggetto deve essere misurata separatamente la luminosità di fondo e poi deve essere sottratta alla luminosità dell'oggetto misurata. Le osservazioni fotometriche sono spesso relative. Se per esempio si sta osservando una stella variabile viene osservata anche una stella di riferimento vicina alla variabile in studio a intervalli regolari. Usando le osservazioni della stella di riferimento è possibile ricavare un modello della variazione dell'estinzione atmosferica durante l'osservazione ed eliminare questo errore.

INTENSIFICATORI D'IMMAGINE. Diversi intensificatori d'immagine basati sui fotocatodi sono stati sviluppati a partire dal 1960. Con l'intensificatore d'immagine è conservata l'informazione in merito al punto di partenza dell'elettrone dal fotocatodo. L'immagine può essere registrata con una camera CCD. Uno dei vantaggi dell'intensificatore d'immagine è che si può ottenere un'immagine di oggetti molto deboli con una relativamente breve esposizione e che possono essere fatte osservazioni anche a lunghezze d'onda in cui il rilevatore è insensibile.

A partire dal 1970 cominciano ad essere sempre più usati rilevatori che usano semiconduttori. Con i semiconduttori può essere raggiunta l'efficienza di circa 70-80% . Le lunghezze d'onda a cui sono sensibili i semiconduttori sono maggiori delle lastre fotografiche. Inoltre le immagini possono essere elaborate da computer.

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CAMERE CCD. I più importanti rilevatori a semiconduttore sono le camere CCD (Charge Coupled Device). Il rilevatore consiste in celle di materiale semiconduttore sensibile alla luce (pixel). Tali celle sono organizzate in una matrice. Le risoluzioni possono essere molto elevate: fino ed oltre 4096x4096 pixels.

Un fotone che colpisce una cella può far rilasciare un elettrone che rimane intrappolato nella cella. Dopo l'esposizione diverse differenze di potenziale vengono usate per far si che tutte le cariche accumulate nelle celle vengano trasferite, riga per riga, in un buffer di lettura. Dal buffer le cariche sono spostate in un convertitore analogico/digitale che trasmette un valore digitale a un computer. La camera CCD è quasi lineare: il numero di elettroni accumulati in una cella è direttamente proporzionale al numero di fotoni incidenti. L'efficienza quantica è elevata e il range di osservazioni si estende dall'infrarosso al violetto. Sotto i 500 nm l'assorbimento della luce da parte del silicio è elevata. Due metodi sono stati escogitati per evitare questo problema: uno è quello di usare un rivestimento che assorbe i fotoni ultravioletti ed emette luce con lunghezza d'onda più lunga, l'altro è costruire il chip molto sottile così da ridurre l'assorbimento da parte del silicio.

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È generato un rumore termico che crea una corrente elettrica (dark current) anche in assenza di segnale. Per ridurre il rumore termico le camere CCD sono spesso raffreddate anche se non bisogna esagerare perchè la sensibilità della camera CCD diminuisce a temperature troppo basse. La dark current può essere misurarta catturando un'immagine con il tubo ottico chiuso, al buio. Poi si la si sottrae all'immagine catturata dell'oggetto. La sensibilità dei diversi pixel può essere diversa. Questa può essere corretta se si cattura un'immagine di un campo illuminato uniformemente. Questa immagine si chiama flat-field. Quando le osservazioni sono corrette con il flat-field l'errore causato dalle diverse sensibilità dei pixel è corretto. Un pixel non può immagazzinare un numero infinito di elettroni e per questo motivo la camera si può saturare se la luce è troppo intensa. Addirittura un'illuminazione troppo intensa può distruggere i pixels. I CCD sono ancora non molto grandi e se si vuole registrare immagini di oggetti estesi bisogna a volte ricorrere alle lastre fotografiche.
SPETTROGRAFI. Il più semplice spettrografo è un prisma posto sul fuoco del telescopio. Questo tipo di spettrografo è chiamato spettrografo con prima obiettivo. Durante l'esposizione il telescopio è leggermente spostato perpendicolarmente allo spettro in modo da poter osservare tutte le lunghezze d'onda. Con questo tipo di spettrografo possono essere fotografati molti spettri per la classificazione spettrale.
Informazioni più accurate sono ottenute con lo spettrografo a fenditura in cui è posto una sottile fenditura nel piano focale del telescopio. Come prima la luce è scomposta con un prisma per poter osservarne lo spettro in un CCD. Invece di un prisma per ottenere lo spettro può essere usato un reticolo di diffrazione che utilizza la dipendenza del massimo di diffrazione delle luce che attraversa un reticolo dalla lunghezza d'onda . Ne esistono di due tipi: reticoli a riflessione e reticoli a trasmissione. I reticoli di diffrazione hanno una più alta capacità di dispersione della luce rispetto al prisma. Gli spettrografi più usati sono gli spettrografi a fenditura con reticolo a riflessione.
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INTERFEROMETRI. La risoluzione di un grande telescopio è in pratica limitata dal seeing e aumentando l'apertura non necessariamente la risoluzione migliora. Per aumentare la risoluzione teorica limitata dalla diffrazione possono essere usati diversi interferometri. Vi sono due tipi di interferometri ottici. Un tipo usa un solo grande telescopio, il secondo usa due o più diversi telescopi. In ambedue casi la radiazione luminosa focalizzata viene fatta interferire. Dall'analizzare la figura di interferenza si riesce a studiare, per esempio, la struttura delle binarie strette. Uno dei primi interferometri è stato quello di Michelson. Nel 1970 A. Labeyrie ha introdotto l'interferometro a macchia . Tradizionalmente si catturano immagini dopo lunga esposizione e ognuna è condizionata dai dischi, o macchie, di seeing. Nell'interferometro a macchie si raccolgono centinaia di esposizioni molto brevi ad un elevato ingrandimento. Poi si sovrappongono in modo che l'interferenza tra le varie macchie sia distruttiva per poter minimizzare il seeing.
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