RADIOASTRONOMIA


LE FREQUENZE IN RADIOASTRONOMIA

CLASSIFICAZIONE DELLO SPETTRO ELEROMAGNETICO
RADIAZIONE
SIMBOLO
FREQUENZE
LUNGHEZZE D'ONDA
ENERGIE
RAGGI GAMMA

30 EHz ÷300 EHz
10 pm ÷ 1 pm 0.124 Mev÷ 1.24 MeV
RAGGI X DURI
HX
3 EHz ÷30 EHz
100 pm ÷ 10 pm 12.4 ÷ 124 keV
RAGGI X MOLLI
SX
30 PHz ÷3 EHz 10 nm  ÷ 100 pm 0.124 ÷ 12.4 keV
ULTRAVIOLETTO ESTREMO
EUV
3 ÷30 PHz 100 nm ÷ 10 nm 12.4 ÷ 124 eV
ULTRAVIOLETTO VICINO
NUV
1 PHz ÷3 PHz 800 nm ÷ 100 nm 1.24 ÷ 12.4 eV
VISIBILE

300 THz ÷ 1 PHz
400 nm ÷ 800 nm

INFRAROSSO VICINO
NIR
100 THz ÷ 300 THz
1 µm ÷ 400 nm
124 meV ÷ 1.24 eV
INFRAROSSO MODERATO
MIR
10 THz ÷ 100 THz


INFRAROSSO LONTANO
FIR
300 GHz ÷ 10 THz


FREQUENZA ESTREMAMENTE ALTA
EHF
30 GHz ÷ 300 GHz


FREQUENZA SUPER ALTA
SHF
3 GHz ÷ 30 GHz


FREQUENZA ULTRA ALTA
UHF
300 MHz ÷ 3 GHz


FREQUENZA MOLTO ALTA
VHF
30 MHz ÷ 300 MHz


 FREQUENZA ALTA
HF
3 MHz ÷ 30 MHz


FREQUENZA MEDIA
MF
300 kHz ÷ 3 MHz


FREQUENZA BASSA
LF
30 kHz ÷ 300 kHz


FREQUENZA MOLTO BASSA
VLF
3 kHz ÷ 30 kHz


FREQUENZA DELLA VOCE
VF
300 Hz ÷ 3 kHz


FREQUENZA ESTREMAMENTE BASSA
ELF
30 Hz ÷ 300 Hz




L'atmosfera terrestre filtra la radiazione incidente dallo spazio. Nelle bande radio arriva sulla superficie terrestre radiazione tra 15 MHz (HF) e 600 GHz (EHF), in pratica dalle alte frequenze a tutta la banda delle microonde. La ionosfera riflette o assorbe le frequenze più basse e le frequenze più alte di 1 PHz (1PHz = 1015 Hz ed è corrispondente a circa 400 nm, il violetto)

L'osservazione radioastronomica offre i seguenti vantaggi:
  1. Grande estensione della banda di osservazione
  2. Possibilità di osservare l'universo "freddo" (esempio: radiazione del mezzo interstellare, regioni di formazione di stelle e pianeti)
  3. Possibilità di osservare tutto il giorno perchè il Sole emette maggiormente nel visibile
  4. Trasparenza delle nubi di polvere interstellare alle onde radio
  5. Possibilità di realizzare grandi aree di raccolta di radiazione (è meno critica la costruzione delle antenne dei radiotelescopi)  e quindi possibilità di captare la radiazione prodotta da oggetti molto deboli
A questi vantaggi si contrappone a volte lo svantaggio delle interferenza radio e TV

Cosa produce le onde radio nello spazio:

  1. Processi termici (es: radiazione termica di corpo nero,  radiazione di frenamento di particelle cariche)
  2. Processi non termici (es: radiazione di sincrotrone ovvero moto di particelle cariche  in campi magnetici)
  3. Righe di emissione (es: radiazione di idrogeno a 21 cm o di  molecole organiche)

Lo schema base di un radiotelescopio è quello di una antenna che raccoglie le onde radio e di un ricevitore che le rileva, le filtra e le amplifica.
La forma dell'antenna dipende dalle frequenze che si vogliono captare. Tra 15 e 100 MHz è efficace un'antenna a dipolo, tra 100 MHz e 1000 MHz vanno bene le antenne ad elementi dette yagi e oltre 1000 MHz è necessaria una antenna parabolica.



A causa della relazione di Planck E= h·f le onde radio sono deboli. Si è creata una unità specifica dell' l'intensità per unità di frequenza delle onde radio (densità di flusso) , lo Jansky:

1Jansky=10-26W/m²Hz1 \quad Jansky = 10^{-26} \frac{W/m²}{Hz}Se per esempio una sorgente emette in un intervallo di 10 MHz una densità di flusso di 1 Jansky allora per captare una potenza di 10-15 W (1 fW) occorre una antenna di 10000 m² (un'area quadrata di 100 m per 100 m ). Per questo i radiotelescopi sono molto grandi oppure si realizza una combinazione di molte antenne che poi sovrappongono i segnali captati con una tecnica chiamata interferometria.
LE ANTENNE DEI RADIOTELESCOPI. La risoluzione delle antenne dei telescopi è comunque inferiore a quella dei telescopi. Infatti un rilevatore ottico o radio riesce a separare, secondo il criterio di Rayleigh,  sorgenti che distano, in radianti,  più del rapporto λ/D. Per esempio in radio astronomia per avere dieci minuti d'arco (separazione di Mizar e Alcor) con una lunghezza d'onda di 1 cm occorre una antenna di 20 m di diametro mentre nell'ottico si riesce a separarle ad occhio nudo.
Inoltre la lunghezza focale è necessariamente corta per l'ampiezza dell'antenna e ciò non consente di avere elevati ingrandimenti. Comunque c'è un vantaggio costruttivo rispetto ai telescopi ottici. Infatti l'accuratezza nella realizzazione di un riflettore  deve essere inferiore a 0.1·λ, circa  10 nm per uno specchio e circa 1 mm per una antenna parabolica. Quindi la realizzazione di un'antenna per radiotelescopio è meno critica rispetto a quella di uno specchio per telescopio ottico.

Per il  progetto  di  una  antenna parabolica  è molto importante  il rapporto  f/D cioè il  rapporto  tra  la  distanza  focale  ed  il  diametro  della superficie riflettente. Se  il  rapporto  f/D è  grande  allora  succede  che  una  parte  della  radiazione  non  viene  riflessa, ma supera il bordo del riflettore.  In  tale  caso  si  verifica  il  fenomeno  dello spillover   con  conseguente  dispersione  di segnale e minore concentrazione del fascio. Ma se  il   rapporto f/D è   piccolo,  l’illuminatore  è  troppo  all’interno  della  struttura parabolica e solo una parte della  superficie  riflettente  è  utilizzata; ciò  provoca  una  riduzione dell’efficienza  d’antenna.

Se S è la densità di flusso ricevuta da un'antenna per unità di frequenza, la potenza totale per unità di frequenza è data da:
P=SAeP= S ⋅ A_e
in W/Hz. Ae è l'efficienza di apertura un parametro che dipende dall'area geometrica dell'antenna ed è proporzionale a D² con D il diametro dell'antenna. Più grandi sono le antenne e più grande è la potenza ricevuta.
Spesso la costruzione è di tipo "Cassegrain" in modo portare il fuoco primario sull'antenna e non in una struttura sospesa. In questo ultimo caso infatti il peso della strumentazione sospesa deformerebbe la struttura dell'antenna. Inoltre il subriflettore può riflettere le onde incidenti verso diversi tipi di ricevitori che vengono posti sull'antenna. A causa del peso dell'antenna le parabole sono (quasi) tutte su montatura azimutale e non equatoriale come sarebbe più logico.
La tipica forma dell'elemento che capta le onde elettromagnetiche, detto illuminatore ( o anche feed) per le antenne paraboliche è quella a tromba (horn feed) in modo da adattare la forma alle lunghezze d'onda delle microonde. Ogni illuminatore ha le stessa proprietà sia in trasmissione che in ricezione per il teorema di reciprocità (per questo si chiama illuminatore), ha dimensioni confrontabili con λ e va posto al centro della parabola dove è concentrata l'energia. Un illuminatore per i grandi radiotelescopi consiste in una matrice di horn tenute a bassa temperatura.

ll diagramma di radiazione di un illuminatore (Power Pattern) è la rappresentazione tridimensionale del guadagno dello stesso. Gli illuminatori direzionali usati in radioastronomia non hanno un diagramma di radiazione simmetrico, infatti questo presenta un lobo centrale in direzione della radiazione incidente.  Illuminatori ad alto guadagno solitamente presentano anche dei lobi laterali o lobi secondari: essi rappresentano dei picchi minori del guadagno rispetto al guadagno del lobo principale . Questi lobi laterali limitano la qualità dell'illuminatore generando eventuale interferenza su altri sistemi di radiocomunicazione o perdita di direttività.
Per ottenere una ricezione ottimale è necessario che il diametro della parabola corrisponda alla massima larghezza del lobo di radiazione dell'illuminatore.
La risoluzione di un radiotelescopio è detta "larghezza del fascio a metà ampiezza" (Half Power Beam Width, HPBW) e rappresenta la larghezza del lobo principale a metà altezza. Si ha che HPBW ≃ λ/D.
Per avere alte risoluzioni bisogna andare ad alte frequenze e usare lobi molto ampi e quindi antenne molto grandi.
Un altro parametro importante è il rapporto f/D tra lunghezza focale e diametro della parabola. Un rapporto f/D molto basso è caratteristico di parabole che richiedono illuminatori con un grande angolo di apertura, al contrario, se il rapporto f/D è elevato l'antenna necessita di illuminatori molto direzionali.
L'efficienza di apertura di un radiotelescopio è :
η=PotenzaraccoltadalricevitorePotenzaincidentenellantennaη=\frac{Potenza \; raccolta \; dal \; ricevitore}{Potenza \;incidente \;nell'antenna}
ed è un parametro minore di 1.
RICEVITORI IN RADIO ASTRONOMIA. I ricevitori utilizzati in radioastronomia sono in maggioranza di tipo supereterodina, termine col quale si identificano tutti i ricevitori che convertono il segnale in ingresso  in un nuovo segnale che mantenga la medesima informazione ma a frequenza inferiore.
In questo schema il segnale proveniente dalla radiosorgente è captato dall'antenna e preamplificato da un amplificatore a basso rumore filtrando le frequenze più alte e quelle più basse (frontend). Il segnale amplificato è poi traslato in banda (verso il basso) tramite un convertitore di frequenza composto da un mixer che sovrappone al segnale radio  un segnale monocromatico, molto più intenso del primo, generato da un oscillatore locale a una frequenza vicina a quella del segnale originale (per ottenere un’elevata stabilità di fase occorre un segnale di riferimento fornito dall’esterno e l’oscillatore è detto Phase Locked Loop Local Oscillator – PLL/LO).  Questo perchè se due segnali a frequenza diversa sono sovrapposti si ottiene un segnale di frequenza più elevata  che è data dalla somma delle frequenze originali e di ampiezza modulata a frequenza più bassa data dalla differenza delle frequenze originali (battimenti).
Un successivo filtro passa banda (backend) seleziona solo il segnale dato dalla modulazione di ampiezza che rappresenta il segnale radio astronomico ma poichè questo si manifesta come una debole tensione rapidamente variabile  in modo casuale, una semplice misura del suo valore medio nel tempo darebbe un risultato nullo. Per ovviare a questo inconveniente si utilizza un dispositivo che non misuri semplicemente l’ampiezza del segnale ma che ne effettui anche il quadrato (Square Law Detector – SQLD). Infine il segnale in uscita dal rivelatore (proporzionale al quadrato del segnale originale)  viene poi inviato a un integratore,  che ne effettua la media su un determinato intervallo di tempo al fine di ripulirlo dal rumore introdotto dall’elettronica.


INTERFEROMETRI. Un array di antenne è un’insieme di antenne che vengono tutte collegate contemporaneamete a un ricevitore (o a un trasmettitore). Un primo vantaggio è che i segnali captati dalle diverse antenne giungono al ricevitore sommandosi tra loro e ciò può dare luogo ad un segnale più intenso e si può ottenere un guadagno maggiore. Tuttavia  la somma di due segnali alla stessa frequenza è un segnale la cui intensità è massima solo se i due segnali sono in fase, altrimenti può addirittura accadere che due segnali si elidano. Le tecniche di interferometria hanno lo scopo di sommare in modo da ottenere un guadagno maggiore  segnali che non siano perfettamente in fase.   Talvolta vengono sommati anche segnali con lunghezze d’onda diverse e si parla di rilevamento eterodino, metre se le lunghezze d’onda sono uguali si parla di rilevamento omodino. Sia in astronomia ottica che in radioastronomia, il vantaggio delle tecniche di interferometria è che esse consentono di aumentare notevolmente il potere risolutivo: combinando tra loro le immagini date da specchi distanti tra loro o i segnali dati da antenne paraboliche distanti tra loro, si può ottenere un potere risolutivo equivalente a quello di uno specchio o di un’antenna parabolica avente diametro equivalente alla distanza tra gli strumenti combinati.
Ecco perché vengono impiegati array di radiotelescopi distanti anche migliaia di km. Per esempio, è molto famoso il Very Long Baseline Array (VLBA), costituito da dieci radiotelescopi collegati tra loro e sparsi sulla distanza di 5351 miglia dalle Hawaii all'isola caraibica di St. Croix