( fonte principale: Karttunen et. al. Fundamental Astronomy - Springer)
La Radioastronomia è una
branca recente dell'astronomia nata agli inizi del 1900. Le frequenze
d'interesse sono tra pochi MHz (100 m) a circa 300 GHz (1 mm), una
grande banda se paragonata a quella ottica. Il limite a bassa frequenza
è dato dall'opacità della ionosfera metre quello ad alta frequenza è
dovuto all'assorbimento da parte dell'ossigeno e del vapore d'acqua
nella bassa atmosfera. La prima osservazione di emissione radio dallo
spazio è stata fatta dall'americano Jansky nel 1932 mentre studiava i
disturbi radio causati dai temporali alla frequenza di 20.5 MHz. Jansky
scoprì una emissione radio di origine sconosciuta che poi identificò
come proveniente dal centro della Via Lattea. Da quel momento la radio
astronomia si sviluppò rapidamente e ha dato un grande contributo per
la conoscenza dell'Universo. Le osservazioni sono fatte sia nel
continuo (radioastronomia a banda larga) che per linee spettrali (radio
spettroscopia) . Molte delle nostre conoscenze riguardo la struttura
della Via Lattea provengono dalle osservazioni radio della linea di
emissione a 21 cm dell'idrogeno neutro e, più recentemente, della linea
a 2.6 mm della molecola di monossido di carbonio. Grazie alla
radioastronomia si sono scoperte le stelle pulsar e le stelle quasar.
Un radiotelescopio capta la radiazione grazie ad un'antenna e questa poi è trasformata in un segnale elettrico da un ricevitore chiamato radiometro. Questo segnale è poi amplificato, integrato e l'uscita poi è digitalizzata e registrata all'inteno di un computer per poter essere studiata. Poichè il segnale captato è molto debole bisogna avere dei ricevitori molto sensibili. Questi sono spesso raffreddati per minimizzare il rumore termico che potrebbe coprire il segnale. Solitamente la struttura di un radiotelescopio, per le altre frequenze, è molto simile a quella di un telescopio ottico a riflessione, mentre per basse frequenze le antenne sono solitamente dei dipoli o, per aumentare la risoluzione, delle matrici di dipoli con numerosi elementi dipolari, in modo simile alle antenne TV. Se si usa la struttura ad antena parabolica a bassa frequenza (grandi lunghezze d'onda), la superficie di questa non deve essere solida perchè i fotoni di grande lunghezza d'onda non riescono a risolvere i piccoli buchi e quindi è adoperata una superficie fatta con una rete metallica. In ogni caso per assicurare una amplificazione corente del segnale le irregolarità dell'antenna devono essere minori di 1/10 della lunghezza d'onda captata. |
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La principale differenza tra
un radiotelescopio e un telescopio ottico è il modo con viene
registrato il segnale. I radiotelescopi non forniscono immagini in un
oculare, invece, un' antenna a tromba corrugata (feed horn) che è posta
nel fuoco dell'antenna parabolica trasferisce un segnale al ricevitore.
L'informazione della lunghezza d'onda e la fase è tuttavia conservata.
Il potere risolvente di un radiotelescopio, θ, come nel caso ottico, è dato dalla formula: con λ la lunghezza d'onda e D il diametro dell'apertura. Poichè il rapporto tra la lumghezza d'onda radio e quella visibile è dell'ordine di 10000, le radio antenne, per avere un potere risolvente confrontabile a quello ottenuto con i telescopi ottici, dovrebbero avere un diametro di parecchi km. Per molto tempo lo scarso potere risolvente dei radiotelescopi, anche usando strutture molto grandi, è stato il principale svantaggio delle osservazioni radioastronomiche. Il più grande radiotelescopio per ora in servizio ha una risoluzione di 5" e opera solo alle più alte frequenze. Migliorare la risoluzione aumentando le dimensioni è molto difficile anche perchè abbiamo praticamente già raggiunto i limiti costruttivi. |
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