GENERALITÀ E
CARATTERISTICHE. I telescopi astronomici
sono strumenti ottici attraverso i quali è possibile
esplorare l’Universo che ci circonda. Si tratta di
strumenti in grado di catturare molta più luce di quanto
non possa fare l’occhio umano e quindi di rivelarci
oggetti altrimenti a noi invisibili. Inoltre, consentono
un notevole ingrandimento dell’immagine, fattore
determinante nell’osservazione degli oggetti celesti. Lo schema ottico di tutti i telescopi consiste di due elementi: l'obiettivo, gruppo ottico di elevate dimensioni rivolto verso l'oggetto astronomico da osservare, e l'oculare, gruppo ottico di più ridotte dimensioni rivolto verso l'elemento rilevatore, occhio, sensore CCD. Esistono innumerevoli tipi di telescopi, diversi per schema ottico, prestazioni e realizzazione ma una prima classificazione dei telescopi può essere quella legata ai mezzi ottici utilizzati per la costruzione degli obiettivi: lenti (telescopi rifrattori) o specchi (telescopi riflettori) . Esistono anche telescopi con obiettivi costruiti con una combinazione di lenti e specchi (telescopi catadiottrici). Gli oculari, invece, possono essere usati con diversi tipi di obiettivo e hanno tutti la funzione di permettere all'occhio di poter osservare l'immagine dell'oggetto lontano riprodotta dall'obiettivo. Il loro principio di funzionamento è quello della lente di ingrandimento. Le caratteristiche intrinseche più importanti di tutti i telescopi sono:
Caratteristiche derivate sono:
Una volta scelto l'oculare da accoppiare con l'obiettivo l'ingrandimento del telescopio indica quante volte l'immagine di oggetto astronomico è ingrandita rispetto alla visione senza telescopio ed è dato dal rapporto: Per esempio con un telescopio con una focale fob= 750 mm (caratteristica intrinseca del telescopio) e un oculare con focale fey= 5 mm (scelta dell'osservatore) gli ingrandimenti sono 750/5 ovvero 150x, se nello stesso telescopio si inserisce un oculare con 20mm di focale, si ottiene 37,5x di ingrandimento. Si può stimare che il massimo ingrandimento ottenibile da un telescopio è circa il doppio del suo diametro in mm. Per esempio con telescopio con un D/f= 130/900 si possono ottenere al massimo 260x ingrandimenti e quindi la minima lunghezza focale degli oculari accoppiabili è di circa 4 mm. |
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Se Δθ è l'angolo sotteso in radianti
dall'oggetto astronomico rispetto al telescopio allora
la sua dimensione sul piano focale è Δy= fob·tanΔθ≃
fob·Δθ (per piccoli angoli la tangente si può
approssimare con il valore dell'angolo in radianti). Se
invece Δθ” l'angolo sotteso dall'oggetto in secondi , le
sue dimensioni sul piano focale sono date Δy= fob·Δθ"/206265. In figura a destra due telescopi hanno la stessa lunghezza focale e quindi produrranno la stessa dimensione dell'immagine nel piano focale ma il secondo telescopio ha una area maggiore del primo e la luce raccolta nell'immagine è superiore (per un diametro doppio la capacità di raccolta della luce sarà quattro volte maggiore). Quindi la luminosità del telescopio è legata al rapporto d'apertura. Il reciproco del rapporto d'apertura è detto rapporto focale n e si indica con la simbologia f/n. Più piccolo è il rapporto focale e più luminoso è il telescopio. Il confronto fra rapporti focali diversi viene qualificato con i termini “telescopio lento” (alti rapporti focali) e “telescopio veloce” (bassi rapporti focali) in base ai tempi necessari per registrare l'immagine dello stesso oggetto celeste. |
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Inoltre un telescopio con un
rapporto focale alto fornisce immagini visuali molto
contrastate e dettagliate, ma si presta male ad un
utilizzo fotografico se l’oggetto da riprendere è
debole. |
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Il diametro dell'obiettivo è importante
non solo per la quantità di luce raccolta sul piano
focale ma soprattutto nella risoluzione
dell'immagine prodotta, infatti la luce che passa
attraverso un obiettivo circolare produce delle
frange di diffrazione (disco di Airy) attorno ad una
sorgente brillante centrale e tanto più piccolo è
l'obiettivo, tanto più importante diventa questo
fenomeno. La minima separazione angolare teorica
risolvibile da un obiettivo è calcolabile con il
criterio di Rayleigh :Per
esempio un 130/900 potrà, nelle migliori condizioni,
risolvere separazioni angolari fino a 1" d'arco.
Purtroppo la risoluzione di un telescopio è limitata
anche da fattori esterni al telescopio stesso. Infatti
la turbolenza atmosferica (seeing) e la qualità
dell'obiettivo del telescopio fanno scendere sempre il potere
risolutivo. |
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La qualità dell'immagine
prodotta dai telescopi è infine condizionata da cause
intrinseche allo strumento dette aberrazioni,
possono essere dovute a difetti di lavorazione, ma più
spesso fanno parte integrante del progetto di un
telescopio. Possono essere distinte in aberrazioni
assiali e aberrazioni fuori asse e
anche in aberrazione cromatiche e aberrazioni
geometriche (cinque). Esse sono:
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a. nessuna aberrazione b. aberrazione sferica assiale c. aberrazione cromatica assiale d. aberrazione cromatica laterale e. coma f. astigmantismo assiale e laterale |
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LA LENTE DI INGRANDIMENTO.
Per ottenere un'immagine più grande sulla retina bisogna
avvicinare l'oggetto all'occhio. Tuttavia il nostro occhio ha una distanza minima per la nitida messa a fuoco di un oggetto, il punto prossimo N. Un occhio giovane ha il punto prossimo a circa N= 25 cm dall'occhio, invecchiando questa distanza aumenta.
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Una lente convessa di distanza focale f
< N può produrre sulla retina un'immagine nitida più
grande. Infatti se l'oggetto è posto nel fuoco di
questa lente la sua immagine sarà dall'occhio osservata
infinitamente lontana, molto al di là del punto prossimo
e potrà essere messa a fuoco con facilità dall'occhio.
Ma f < N e quindi l'ampiezza angolare dell'immagine
nitida sulla retina sarà maggiore: |
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Sarà doppia se θ' = 2θ. Si
definisce ingrandimento angolare: |
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TELESCOPI RIFRATTORI | |||
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IL TELESCOPIO KEPLERIANO.
Per poter osservare oggetti lontani molto grandi occorre
avvicinarsi ad essi. Ma se non si può allora una lente
convergente, detta obiettivo, può creare
un'immagine reale dell'oggetto lontano nei pressi del
suo fuoco. Ma adesso l'oggetto lontano è troppo piccolo
per poter essere osservato e non ci si può avvicinare
troppo perché non si può superare il punto prossimo.
Allora si fa corrispondere il fuoco di una lente
convessa, detta oculare, mediante un sistema
meccanico detto fuocheggiatore, alla
posizione dell'immagine reale prodotta dall'obiettivo,
l'occhio la vede posta all'infinito (quindi è rilassato)
ma con un'ampiezza angolare molto elevata. L'ingrandimento angolare del telescopio è: con: h' è altezza dell'immagine capovolta prodotta dall'obiettivo. |
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Da cui, sostituendo: Questo è lo schema del telescopio kepleriano. |
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PUPILLA D'USCITA. La pupilla
d'uscita, ep, è il diametro del fascio di luce
che esce dall’oculare di ogni telescopio e determina
quanta luce raccolta dallo strumento riesce
effettivamente ad entrare nell'occhio dell'osservatore,
soprattutto in base alla capacità della pupilla stessa
di dilatarsi. Dalla figura si ricava che : con D diametro dell'obiettivo. |
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Il nostro occhio ha una
pupilla del diametro massimo di 6-8 mm, quando adattata
al buio. Se dall'oculare del telescopio esce un fascio
dal diametro maggiore, non tutta la luce raggiungerà il
nostro occhio e, di fatto, si ha una perdita di
luminosità, è come se si osservasse con un
telescopio di diametro minore. Si definisce
ingrandimento minimo di un telescopio quello per il
quale la pupilla d'uscita ha un diametro di circa 7mm;
esso si ottiene dalla formula inversa: |
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IL TELESCOPIO GALILEIANO. Nel
telescopio galileiano l'oculare è una lente
divergente. Anche questo oculare ha la funzione di
fornire una immagine virtuale all'infinito con una
ampiezza angolare elevata. L'immagine è finale non è
capovolta rispetto l'oggetto e il telescopio di Galileo
è più “corto” rispetto ad un analogo kepleriano, ma la
pupilla d’uscita è troppo grande:
l’occhio deve “vagare” per vedere tutto il
campo. |
Schema ottico di un
telescopio galileiano
Il campo visivo di un telescopio kepleriano (foto grande e immagine in basso) e di un telescopio galileiano (foto piccola a destra e immagine in alto) |
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Nei rifrattori l’obiettivo è composto da due lenti costruite con vetri di indice di rifrazione diverso, per ridurre l’aberrazione cromatica (rifrattore acromatico). Esistono anche dei rifrattori nei quali tale aberrazione è stata corretta in misura maggiore (rifrattori semi-apocromatici) e quelli nei quali il residuo di aberrazione cromatica è talmente basso da essere considerato praticamente nullo: i rifrattori apocromatici. In questi ultimi, l’obiettivo può essere costituito da un doppietto o un tripletto di lenti con vetri a bassa dispersione e con trattamenti antiriflesso multistrato che garantiscono un elevatissima trasmissione dell’energia luminosa incidente. | |||
I rifrattori hanno elevata nitidezza e contrasto delle immagini, assenza di ostruzione, semplicità meccanica e affidabilità, tubo ottico chiuso (ridotta turbolenza interna e buona protezione dalla sporcizia) per contro hanno una minore luminosità, a parità di apertura rispetto ad altri schemi (a causa della correzione dell'aberrazione cromatica) e un costo elevato, sempre a parità di apertura rispetto ad altri schemi, per la realizzazione dell'obiettivo. | |||
TELESCOPI RIFLETTORI |
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TELESCOPIO NEWTONIANO.
Il telescopio newtoniano è stato il primo tipo di
telescopio a riflessione ed è composto da uno specchio
primario parabolico e uno specchio secondario piano di
forma ellittica. Lo specchio secondario riflette il
piano focale dello specchio primario perperdicolarmente
all'asse ottico. In questo modo può essere collocato un
oculare kepleriano per poter produrre un'immagine
virtuale diritta e ingrandita dell'immagine,
rimpicciolita, reale e capovolta, prodotta
dall'obiettivo. La forma dello specchio secondario è
ellittica perché la sezione trasversale di un cono
prodotta da un piano a 45° è un'ellisse. Se amin (asse minore) è il diametro minimo del secondario ellittico ed L è l’estrazione focale, cioè la distanza dello specchio secondario dal piano focale, per raccogliere la luce di un oggetto in asse riflessa dal primario e coprire il campo richiesto di dimensione Cr (mm) sul piano immagine) occorre un diametro a> amin che è determinato dalla formula: |
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f# è il rapporto
focale. Nei newtoniani non sono molto evidenti le
principali aberrazioni ottiche e si possono ottenere
grandi aperture relative (f/4 - f/8) di contro sono
ingombranti e le aberrazioni fuori asse notevoli in
strumenti di corta focale (coma in particolare) |
TELESCOPIO CASSEGRAIN. Nel Cassegrain viene praticato un foro nello specchio primario parabolico e si pone uno specchio secondario iperbolico davanti al primario in modo da riflettere l'immagine attraverso il foro per poter osservare “da dietro” come nei rifrattori. In questa configurazione la focale del telescopio viene allungata rispetto a quella dello specchio primario, permettendo di ottenere focali molto lunghe con un tubo corto, caratteristica molto importante con le grandi aperture. Tuttavia l'ostruzione è superiore a quella del Newton. |
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TELESCOPIO RITCHEY-CHRÉTIEN. La configurazione è quella Cassegrain ma sia il primario che secondario sono iperbolici. In questo telescopio il coma è eliminato e consente rapporti focali piccoli e quindi strumenti molto luminosi e “compatti” caratteristica molto importante per grandi aperture. Ha un campo piano, grande e corretto fino ai bordi. Quasi tutti i principali telescopi ottici al mondo adottano questa configurazione. |
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TELESCOPIO GREGORIANO. Il
telescopio gregoriano è costituito da uno specchio
primario parabolico, con funzione di obiettivo, e da un
secondario concavo ellissoidale situato sull'asse ottico
oltre il fuoco del primario (per l'esattezza ad una
distanza di poco superiore alla somma delle distanze
focali dei due specchi). Nel telescopio gregoriano, al
pari del telescopio Cassegrain, l'immagine si forma
dietro lo specchio parabolico, opportunamente forato, e
l'oculare si trova perciò dietro lo strumento. Lo
strumento ha la particolarità di fornire un'immagine
diritta e può quindi essere utilizzato anche per
osservazioni terrestri senza l'ausilio di un erettore.
Questo schema ottico è usato oggi in molti
radiotelescopi. |
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TELESCOPIO NASMYTH. Una variante del Cassegrain è la configurazione Nasmyth. In questo caso alla classica configurazione Cassegrain si aggiunge un terzo specchio (piano), situato lungo l'asse di declinazione strumentale che estrae il fuoco all'interno dell'asse. L'osservazione della sorgente avviene così all'estremità dell'asse di declinazione ove sono collocati gli strumenti di osservazione. In un telescopio Nasmyth non è dunque necessaria la foratura dello specchio primario. |
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TELESCOPIO SCHMIDT. Il telescopio Schmidt propriamente detto è uno strumento solo fotografico, formato da uno specchio sferico e una lente correttrice, che agisce anche da diaframma, posta davanti allo specchio. L'immagine si forma tra lo specchio e la lente, dove viene raccolta dalla pellicola. E' impossibile usarlo per osservazioni visuali, ma offre prestazioni eccezionali per la fotografia a grande campo. Lo Schmidt di Mt. Palomar assicura un campo corretto di 6°. Dallo Schmidt è derivato lo Schmidt-Cassegrain che ha la forma di un Cassegrain classico con in più una lastra correttrice di Schmidt. Solitamente lo specchio secondario viene fissato direttamente alla lastra. |
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SPOT DIAGRAMS DEI
TELESCOPI |
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La distribuzione geometrica
dei raggi sul piano immagine prende il nome di spot
diagram. Una griglia di raggi a diversi θ si
presenta sul piano immagine con diversa forma,
dipendente dalle aberrazioni dominanti. |